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Università degli Studi di Padova

PHAIDRA – Collezioni digitali



Fotografie di Emma Ciardi

Fotografie di Emma Ciardi

Descrizione

Selezione di fotografie scattate da Emma Ciardi, conservate nel Fondo "Pier Maria Pasinetti" dell'Archivio «Carte del Contemporaneo». Appartenente ad una delle ultime “dinastie” veneziane di pittori, Emma Ciardi (1879-1933) nasce nella città lagunare il 13 gennaio 1879. Impara il mestiere dal padre Guglielmo, uno dei maggiori esponenti del vedutismo veneziano; con il fratello Beppe sin dal 1894 dipinge dal vero en plen air i luoghi della sua infanzia e giovinezza: Quinto di Treviso, Canove sull'Altopiano di Asiago, e, soprattutto, Venezia. Dalla vendita dei suoi primi quadri di soggetto veneziano, nel 1900 a Praga e a Torino, le vedute di una Venezia «luminosa e argentina» cominciano ad essere conosciute ed apprezzate dal pubblico e dalla critica in Italia e in Europa.
Presenza pressoché costante alla Biennale dal 1903 al 1932, Emma Ciardi viaggia per partecipare alle più importanti esposizioni artistiche nazionali (Torino, Milano, Firenze, Roma, Napoli) e internazionali (Monaco di Baviera, Barcellona, Parigi, Buenos Aires, San Francisco), ottenendo nel contempo prestigiosi riconoscimenti; alcuni dei suoi quadri vengono acquistati da importanti musei europei. I viaggi sono per la pittrice occasioni uniche in cui recepire spunti e suggestioni per nuovi quadri: munita di cavalletto, colori e ombrello bianco, visita i giardini delle ville antiche, che diventano protagonisti di una serie di dipinti animati da figurine in abiti settecenteschi e che, nonostante il tema, rivelano nell’impiego dei colori, della luce e delle ombre un estro tutt’altro che convenzionale. Sia per le rappresentazioni dei giardini che nelle vedute di Venezia la pittrice utilizza precocemente la macchina fotografica, strumento che le permette di “sperimentare” effetti luminosi o tagli prospettici inusuali; spesso inoltre, come gli schizzi dal vero, le fotografie costituiscono lo strumento operativo per fissare un luogo o un motivo in vista della realizzazione del dipinto, che avviene in un secondo momento, nella «gelosa clausura» del suo studio arredato con specchi, stoffe e mobilio in stile rococò e in cui conserva manichini di legno che lei stessa veste con tricorni e crinoline per usarli da modelli per i suoi quadri. L’osservazione dal vero è la base dei suoi lavori: «Ieri ho fatto due studi – scrive ai nipoti Francesco e Pier Maria Pasinetti da un suo viaggio a Roma –, ma il dipinto non l’ho ancora trovato. Sono tinte che mi serviranno per comporre i quadri che sempre bisogna inventare». Di indole riservata, nonostante il successo schiva la mondanità e pensa che per un pittore luce, colore e pennelli siano più importanti di qualsiasi dichiarazione ideologica: «Coe ciacole – dice – no se fa i quadri».
Le mostre personali che la Ciardi tiene a Londra (1910 e 1913), a Parigi (1914) e, alcuni anni più tardi, negli Stati Uniti (a New York nel 1924, poi a Pittsburgh, Filadelfia, Saint Louis, Cleveland, Chicago e Detroit) le aprono le porte al mercato dell'arte: fino agli ultimi anni di vita lavorerà freneticamente e incessantemente per soddisfare le numerosissime di richieste che riceve da parte di collezionisti di tutto il mondo, riuscendo a dipingere anche oltre ottanta quadri per un’unica mostra. Passa le giornate lavorando, nel suo studio o, all’aperto, in laguna.
«Spesso – scriveva Francesco Pasinetti – la seguo nel suo lavoro, la accompagno per Venezia in barchetta […]. Ci si ferma a San Giorgio, alla Giudecca, sulla punta della Dogana oppure semplicemente si attracca la barchetta […] ad una bricola. A volte un’ora soltanto le è sufficiente per portare a compimento un bozzetto. Ricordo una sua frase: Bisogna che fazza presto, se no me va via l’efetto».
Negli ultimi anni, tuttavia, Emma avverte un certo fastidio per le logiche del mercato, per cui alcuni collezionisti le richiedono quadri simili ad altri che hanno visto o acquistato: per la pittrice è impossibile ripetere un quadro: «No i capisse gnente!», commenta. Scrupolosamente traccia in un blocchetto per appunti schizzi dei quadri venduti, per mantenerne il ricordo.
Ospite nel 1928 e nel 1931 di sir Edmund Davis, suo amico, collezionista e mecenate, nella dimora di Chilham Castle nel Kent, la Ciardi inizia a dipingere la campagna inglese. Nel 1930, alla ricerca di pace e di nuovi stimoli, compra una casa a Refrontolo: è sempre Francesco Pasinetti a rievocare il suo arrivo nel paesino trevigiano:
«Nel 1930, Emma cercando un luogo di campagna dove poter lavorare traendo nuovi motivi paesaggistici, si reca a Refrontolo. Ha trovato ciò che desiderava: alberi.
– Sti alberi me va ben, diceva a che l’accompagnava a visitare i campi, facendole notare che la terra era fertile, che poteva rendere bene, che faceva un buon affare. Ma lei si voltava dall’altra parte e indicava un albero, un effetto, una luce. La casa, dai proprietari precedenti era stata fatta decorare, in interno e in esterno, in modo piuttosto convenzionale. Pareva a loro un’opera pregevole. Chiedevano a mia zia:
– Ghe piase? La zia Emma guardava in giro, squadrava le stanze dall’alto in basso, e poi concludeva:
– Ben, ghe demo una bela man de bianco”. E la casa divenne tutta bianca».
All’ultimo piano della sua nuova casa, la pittrice fa costruire un’altana e ricava il proprio studio. Qui trascorre buona parte degli ultimi anni della sua vita, alternando l’attività artistica alla pratica agricola: come documentano le fotografie di questo periodo, si dedica per ore alla cura delle piante e a coltivare la terra, affidandosi alla lettura di manuali di frutticultura che, anche a Venezia, sono mescolati ai suoi libri d’arte. In «sontuosi abiti primaverili» gira per la campagna alla ricerca di nuovi spunti; a Refrontolo la pittrice cerca e trova nuovi colori, nuove tonalità e movenze non ancora sperimentate. Non dipinge più per il mercato, ma per se stessa: i quadri di questi ultimi anni sono meno numerosi e la sua tecnica, dalle pennellate veloci, incalzanti ora sembra rallentare. È un processo che Emma ha iniziato dipingendo la campagna inglese. Racconta ancora il nipote Francesco, con lei in Inghilterra nel ’31:
«Un giorno sta per piovere. C’è un castello immerso nella nebbia. Mi piace. Le dico:
– Zia Emma, fermati qua, guarda che bello.
Sapevo bene che mia zia cercava sempre il sole, la luce distesa d’oro o d’argento.
– Ma no ti vedi che scuro?, mi dice.
– Senti dovresti proprio farmelo per me questo quadro.
Mia zia socchiude gli occhi:
– Vegnarà fora una porcaria.
Intanto le porgo la sedia pieghevole; siede, apre la cassetta, comincia a dipingere:
– Dighe che i me speta. Che vegno subito. Gli altri erano andati avanti […]. Vedono mia zia ferma, a dipingere. In trentacinque minuti il quadro era fatto.
– Mah! No capisso proprio; e par che no sia vegnuo fora gnente.
Però a quel quadro […] si era affezionata. Un dipinto in cui con la massima semplicità ha raggiunto un eccellente risultato».
Anche in Pomeriggio a luminoso a Refrontolo, Riposo, Crepuscolo, Ritrovo campestre la struttura dei quadri si semplifica e gli antichi giardini signorili lasciano il posto a visioni più elementari: un prato sereno e qualche albero snello in controluce, o il contrasto fra le dense macchie di verde e il chiaro del cielo profondo bastano a creare un quadro. Quella di Emma Ciardi a Refrontolo è una ricerca dell’essenziale in cui la resa del vero, en plen air, diventa strumento attraverso cui emerge, nella quiete della campagna, l’interiorità dell’artista.

Nel 1932, Emma Ciardi viene invitata ad una nuova personale a Londra, per la quale le vengono richiesti molti quadri: Emma già malata e stanca, ne riesce a dipingere solo otto. È la sua ultima mostra. Muore a Venezia il 16 novembre 1933.

Luogo/Tempo


1879-1933

Lingua:

Italiano