Padova romana nelle collezioni del Museo di Scienze Archeologiche e d'Arte
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Descrizione
Il Museo archeologico universitario conserva un numero piuttosto esiguo di reperti riferibili all’antica Patavium ovvero la Padova di età romana: sono reperti da collezionismo e da scavo, cui si aggiunge anche un modello moderno ad uso didattico. La gran parte della documentazione archeologica di questo Museo proviene infatti da contesti non locali e spazia cronologicamente dall’antico Egitto alla Grecia classico-ellenistica e dalla pre-protostoria all’età romana e fino al Rinascimento, dal momento che le collezioni si sono formate secondo le esigenze didattiche dell’insegnamento dell’Archeologia e sono utilizzate anche dagli altri corsi di laurea afferenti al Dipartimento dei Beni Culturali al quale il Museo fa riferimento.
Nondimeno i reperti della Padova romana presenti in Museo sono testimonianze interessanti e a volte uniche nella storia delle scoperte archeologiche in città. Per questo motivo si è scelto di presentare questa piccola collezione, che confidiamo di poter implementare nel tempo con il proseguo del lavoro di ricerca e catalogazione, presentando reperti di altri periodi del passato della nostra città.
Al collezionismo rinascimentale e precisamente alla collezione Mantova Benavides, appartiene una statua di offerente rinvenuta a Padova agli inizi del sec. XVI d.C. e risalente al I sec. d.C.. Essa è accostabile a tipologie note nell’ambito del culto isiaco, culto di provenienza egizia, documentato nell’antica città romana.
Un’interessante serie di testimonianze archeologiche proviene invece dal centro città, dalle aree universitarie che furono oggetto di interventi edilizi durante il rettorato di Carlo Anti, che era archeologo e direttore del Museo e dell’Istituto di Archeologia. Il Rettore pose particolare attenzione al recupero del materiale archeologico che andava emergendo dagli scavi ed ebbe cura di destinarlo al Museo, dove si trova tuttora.
Il lotto più consistente viene da scavi a Palazzo Bo, edificio situato presso l’antico ponte romano detto di San Lorenzo, uno dei più antichi e meglio conservati tra i ponti romani di Padova, databile tra il 40 e il 30 a.C.. L’area fu indagata nel 1938 nell’ambito di lavori edilizi per la ristrutturazione della sede di Palazzo Bo. Gli scavi contribuirono a chiarire il rapporto di Padova con il fiume che la attraversava in antico, il Meduacus (Brenta), che scorreva nel mezzo della città come dice Tito Livio: “flumen oppidi medium”. Le indagini evidenziarono la presenza di strutture commerciali in stretta relazione con il fiume e con il ponte, sicuramente presenti sulla sponda occidentale del fiume nell’area compresa tra il ponte Altinate e il ponte di San Lorenzo.
Del ponte di San Lorenzo, che negli scavi del 1938 fu messo in vista anche nella parte prima obliterata dagli edifici che vi insistevano (http://www.musei.unipd.it/archeologia/salette/saletta9.html), fu tratto successivamente un modello in scala che si conserva al Museo. Sempre in relazione al ponte è il frammento del parapetto originale, parte di una scala di collegamento tra il ponte stesso e la banchina fluviale. Il manufatto, inscritto, risale al I sec. d.C.: è quindi un’opera successiva alla costruzione del ponte, complementare a quella struttura. Esso fu donato alla città a spese di un magistrato locale, Allenio Strabone, come si legge nell’iscrizione. Alle opere di sottofondazione delle aree scoperte e degli edifici del porto fluviale appartengono invece con ogni probabilità alcune anfore, che sappiamo venivano spesso riutilizzate a tale scopo. Purtroppo la mancanza di informazioni più precise sul contesto di rinvenimento dei vari reperti ne limita l’interpretazione: dobbiamo quindi in molti casi attenerci alle indicazioni tipologiche. Così avviene anche per due statuette di divinità: un Ermete/Mercurio bronzeo e una testina di Giove Serapide che ancora una volta è indizio della presenza in città di culti orientali, in questo caso egizi.
In precedenza, nel 1936, durante gli sbancamenti per la costruzione del nuovo edificio della Facoltà di Lettere e Filosofia in piazza Capitaniato, il Liviano, era emersa a tre metri di profondità una struttura antica. Si tratta di un pavimento romano, un cementizio a base fittile, pertinente ad una domus. I rinvenimenti di altri lacerti di pavimenti romani succedutisi in zona indicano una destinazione residenziale di questa area della città durante il periodo romano, la cui organizzazione tuttavia non è ancora del tutto chiara.
Infine si presentano alcune antefisse fittili di non sicura pertinenza urbana tuttavia significative in quanto trovano riscontri in tipologie documentate a Padova e un interessante monumento funerario dal territorio, la stele ad edicola del seviro Meclonio Salviano, databile tra la metà del I e la metà del II sec.d.C., incrostata di fanghi termali e quindi probabilmente proveniente dal comprensorio termale del territorio patavino.
Soggetto
• Padova romana, urbanistica